«Le scope delle streghe non vanno più» e il comandante «Tigre»

Tra le nuovissime acquisizioni di pregio della BCB nel mercato antiquario, pubblichiamo questa lettera autografa inedita dell’8 settembre 1953 inviata da Breuil (Val d’Aosta) dalla scrittrice Giovanna Zangrandi, della cui vita e opere abbiamo già scritto in precedenza. Zangrandi si rivolge al Presidente del Premio letterario Prato e, con alcune battute di spirito, risponde al telegramma di invito alla cerimonia di premiazione ricevuto poco prima, dicendo che le sarà impossibile essere presente a Prato dato che la cerimonia è prevista solo tre ore dopo il ricevimento dell’avviso stesso. Questa lettera ci offre lo spunto per ricordare il racconto con cui Zangrandi vinse quel premio, intitolato «Gli ingrassavo le scarpe». Ambientato nell’autunno del 1944 quando la scrittrice aderì alla Resistenza come staffetta partigiana «Anna» e dovette fuggire dalla casa di Rizziòs (Calalzo di Cadore) «ultimo paesetto annidato tra le faggete», dov’era nascosta in clandestinità. E ancora in quel racconto di vita in montagna scrive: «Avevo una gèrla, sapevo quanto valeva e l’amavo. Di notte, con passo silenzioso, si cercano le tacche di sentieri di fienaioli e boscaioli; sono piste, sui pendii ertissimi, che solo antichi piedi con secoli di esperienza sanno trovare nelle notti stellate». Ricercata dai rastrellamenti nazisti con una taglia di 50.000 lire sulla sua testa, salì a cercare riparo più in alto alla Mèmora «che è una grande roccia inclinata a quasi duemila di quota, non grotta, ma aperta al vento e tuttavia riparata dalla pioggia e dalla neve». «Ed era Natale, sotto la grande roccia falcata v’erano ora due ragazzi giovani, arruffati e neri, due braccati come i lupi e ci si erano fatti una tenda, e lassú a duemila, con una coperta per uno, dicevano che era un posto da re». In quel periodo comandante partigiano della Brigata garibaldina «P.F. Calvi» è Severino Rizzardi di Auronzo di Cadore classe 1917, che si era distinto per brillanti doti di organizzazione, di coraggio e di iniziativa nel danneggiare gli occupanti nazisti e a protezione della popolazione: «quell’uomo che disse che non voleva donne fino a primavera; vedo brillare nel buio i suoi occhi, come sono, dorati e selvaggi: per essi gli demmo il nome di Tigre». Zangrandi s’innamorò di Rizzardi: «Ero tanto contenta, addirittura felice, di ingrassargli le scarpe, ed egli mi guardò un poco; aveva il viso stanco e stravolto; mi guardava seduta per terra ingrassare i grossi scarponi». Sempre citando quel racconto: «Dissi: sono buone e devi tenerne conto; solo la suola è tutta consumata da una parte. Ma come cammini? … [E Tigre rispose] A modo mio cammino. Ti pare davvero, consumata? Ma può essere: perché in Albania mi spezzarono tutt’e due le ossa delle gambe con una raffica e, appena saldate, mi mandarono portaordini sul Don. Nella ritirata andai a piedi e camminavo cosí». Alla fine del racconto Giovanna Zangrandi scrive: «Siamo arrivate proprio in piazza [a Auronzo di Cadore], e portano via un morto è uno dei nostri, ma non sanno chi è; uno che ha affrontato i tedeschi, e gli hanno sparato. I gendarmi lo fanno menar via avvolto in una coperta, con le armi puntate sui portatori perché non guardino chi è. Poi lo fanno gettare nella stalla e vi mettono davanti le mine. Interroghiamo febbrilmente uno degli uomini che lo hanno portato e dice: « Ma non si poteva vedere chi è. Non si poteva. Era un tipo grande e pesante. Si vedevano solo le scarpe: erano scarpe da sciatore tutte consumate da una parte».

Era il 26 aprile 1945 (oggi l’Italia festeggia la liberazione dal nazifascismo il giorno precedente), e a seguito di una delazione da parte di un paesano «Tigre» – avvisato della cattura da parte dei tedeschi di alcuni civili e partigiani si precipitò in paese in loro soccorso – cadendo in un vile agguato che, nei pressi dell’ospedale civile di Auronzo di Cadore, stroncò la vita del valoroso comandante e i sogni di entrambi.

E’ consigliata la lettura del racconto nel libro Racconti del Cadore di Giovanna Zangrandi, a cura di Myriam Trevisan, Milano, Officina Libraria, 2010 oppure in rete: https://toscano27.wordpress.com/…/giovanna-zangrandi…/

Nelle immagini la lettera della Zangrandi acquisita dalla BCB e il ritratto di Severino Rizzardi “Tigre” dell’Archivio Giovanna Zangrandi di Pieve di Cadore

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