Riedito “La gioventù perduta” di Beniamino Dal Fabbro

E’ stato di recente riedito il libro di Beniamino Dal Fabbro La gioventù perduta di Beniamino Dal Fabbro, a cura di Giovanni Grazioli, da Libreria Campedèl editore.

La gioventù perduta fu composto da Beniamino Dal Fabbro nei mesi estivi del 1941 e del 1942, dopo che dal 1937 si era definitivamente trasferito da Belluno a Milano e pubblicato da Lettere d’Oggi di Roma nel giugno 1943. Il libro ebbe in seguito una seconda edizione rivista e corretta nel 1945, pubblicata questa volta da Valentino Bompiani.

La storia del romanzo si svolge prevalentemente a Belluno, dove persone, luoghi e fatti accaduti ricorrono nelle pagine con un crescendo di coinvolgenti vicende e avventure sia personali che di un gruppo di amici musicisti importanti nella trama del romanzo, sia per i convegni musicali notturni, che per le feste da ballo con le ragazze. Storie memorabili che inducono il lettore a essere coinvolto nelle ribellioni di un giovane di famiglia borghese, ambientate nella vita sociale della città tra gli anni ‘20 e ‘30 del Novecento.

E’ vita vissuta quella di cui si narra, spesso con malinconia, ma sempre con un’ironia tale da evidenziare una capacità di autoanalisi profonda e ricercata. La struttura de La gioventù perduta è ad episodi, descritti con il tipico insieme di quadretti che iniziano dal clamore suscitato per uno scandalo sessuale e proseguono con la visione antieroica della montagna (opposta a quella dell’alpinista-superuomo della contemporanea retorica fascista), la prima passione amorosa del protagonista, il rifiuto di una relazione sentimentale a causa delle differenze sociali, il difficile rapporto con i genitori e la ricerca delle radici della famiglia. Non mancano le citazioni delle glorie patrie e degli eventi meteo e idrogeologici della città. Lo stile di Dal Fabbro anche in questo libro è classico ma non accademico, sempre elegante e riflessivo

Tra le ironiche osservazioni di Dal Fabbro: «Nel nostro capoluogo, se si guarda alle antiche incisioni e ai quadri conservati nel museo, la principale occupazione pare che sia sempre stata la chiacchera; mai si vide, nelle iconografie cittadine, tanta copia di conversatori; per le strade, al passeggio, nei salotti, nelle bische, nei palchetti e nel ridotto del teatro, uomini e donne dei secoli scorsi sono perpetuamente chinati l’uno all’orecchio dell’altro, a sussurrarsi motteggi e pettegolumi».

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