PAOLETTI, Pietro nacque a Belluno il 24 settembre 1801 da Luigi, sarto, e da Vittoria Catellani. Fu indirizzato alla carriera artistica grazie all’interessamento del conte Giuseppe Agosti. Nel 1819 si recò a Padova al seguito del bellunese Giovanni Demin, pittore neoclassico, alla cui scuola rimase per circa otto anni. Ai primi di aprile del 1826 ricevette la prima commissione importante: fu da parte del nobile Giovanni Antonio de Manzoni che lo chiamò per decorare con scene tratte dall’Orlando furioso (Il ratto di Doralice e Duello di Ruggero e Rodomonte) la sala da pranzo estiva al primo piano della sua villa Crotta, ad Agordo, un lavoro che vide impegnato anche il fratello Giuseppe. Nel 1827 giunse a Roma e fu introdotto presso il cardinale Placido Zurla, di famiglia veneta, che divenne suo mecenate. L’attività romana ebbe inizio con gli affreschi della facciata di palazzo Lucernari (perduti) e con quelli nella cappella di S. Antonio nella chiesa di S. Isidoro (S. Antonio che resuscita un morto e S. Antonio che vince la durezza di Ezzelino e delle sue schiere). A Roma accolse anche Ippolito Caffi, cugino da parte materna, che era già stato suo ospite a Padova. A partire dalla fine del terzo decennio, grazie al credito in continua ascesa, Paoletti ricevette numerose commissioni in ogni parte d’Italia, compresa la sua terra d’origine, a Montecassino, a Padova e a Rieti. A Rieti conobbe Beatrice Quadri, che sposò nel 1829.figli. Data cruciale per Paoletti fu il 1831, anno dell’elezione al soglio pontificio del frate bellunese Mauro Cappellari della Colomba di nome Bartolomeo Alberto (Gregorio XVI ). In tale occasione fu incaricato dal Municipio di Belluno di realizzare un quadro che raffigurasse il Santo Padre nell’atto di ricevere la Deputazione della sua patria (Belluno, Seminario Gregoriano). Dell’opera, snaturata dal suo progetto originario, fu costretto a fare tre versioni perché fosse accettata dal papa e il dipinto giunse a Belluno soltanto nel 1835. Su commissione del cardinale Zurla realizzò, sempre in quegli anni, otto disegni a penna e a inchiostro contenuti in un volume offerto dall’Università degli Israeliti di Roma a Gregorio XVI e dallo stesso pontefice donato alla Biblioteca del Seminario di Belluno, dove è tuttora conservato. Si tratta di sette scene tratte dall’Antico Testamento e di un ritratto del papa stesso. Nel 1837 fu chiamato in Vaticano per affrescare la cappella di S. Pio V, per la quale dipinse quattro tondi con i Dottori della Chiesa d’Occidente (S. Gregorio Magno, S. Girolamo, S. Agostino, S. Ambrogio) al posto di quelli già affrescati da Demin e poi deterioratisi. Sempre nel 1837 riprese a lavorare per de Manzoni, che gli commissionò una serie di affreschi raffiguranti episodi tratti dalle Storie di Esopo in alcune delle stanze al piano terra (ala sud ovest) della sua villa ai Patt di Sedico. Presente a Milano nei primi anni Quaranta, fece lavori a Padova a Sandrigo e a Venezia. Fu anche apprezzato ritrattista; si ricordano, in particolare, le tele con i ritratti di G. Sperti, di G. Zuppani (1843 circa) e di A. Doglioni (1844 circa), conservate nel Museo civico di Belluno e quello di Gregorio XVI (1840) realizzato ad affresco nella sala consiliare del Municipio della stessa città. Morì a Belluno il 23 ottobre 1847.
L’incontro, curato da Annalisa Crose, è martedì 23 febbraio alle h. 16.30 presso la Sala Cappella di Palazzo Crepadona. Successivamente visita guidata alla pinacoteca del Seminario Gregoriano. Sarà distribuita una dispensa sull’argomento, oltre al tè. Gradite le preiscrizioni a: biblioteca@comune.belluno.it o al tel. 0437948093. Costi: 5 euro da versare direttamente alla curatrice in sala, per i minorenni invece gli incontri sono gratuiti.
Nella fotografia: Gregorio XVI nell’atto di ricevere la Deputazione della sua patria (Belluno), Seminario Gregoriano.